NY Chronicles – fluttuando nel melting pot (parte 1)

IMG_4007Il Mito della Grande Mela non è mai stato il mio mito. Sentire conoscenti parlare rapite della Quinta Avenue, rivedere i grattacieli in TV serie dopo serie, sentirsi addosso i riflessi dell’Empire State Building non mi hanno mai provocato quella sacra “febbre”. Ma come ogni volta, l’ispirazione per il prossimo viaggio mi è sempre venuta in viaggio… e stavolta, volando verso la Costarica, lo scalo all’aeroporto di Newark mi ha fatto intravedere la skyline di New York con altri occhi…
QUANDO: una settimana, dal 6 al 12 maggio (volo con scalo a Londra, a/r con scalo a Heathrow 460 euro
DOVE: ospiti da Rick, Uptown Manhattan, 762 euro 2 pax per 6 notti
BUDGET: Totale mio budget per una settimana 1.500 euro.

Sabato 6 maggio

east harlemAtterro sabato pomeriggio in solitudine – mia sorella aveva già prenotato e mi raggiunge in serata – e subito mi dirigo verso la nostra “casa” americana. Dopo aver guardato hotel e ostelli e sentito pareri di colleghi e amici, la decisione era stata unanime: Airbnb tutta la vita. E in effetti con Matt&Rick ci troveremo benissimo: coppia gay, entrambi lavorano nel settore medico, entrambi con origini esotiche (il tenebroso – e figo – Matt con nonna di Santander, mezzo indiano Rick, il tipico ragazzone americano che scoppia di salute), in un appartamento curatissimo con tre stanze in affitto con Airbnb, in quello che ormai è già un tranquillo East Harlem, sulla 102esima strada. Da brava abitante di Brenta/Corvetto, non potevo che capitare in “El Barrìo”, il quartiere ispanico, costellato di ristoranti e attività latine.

Fatto il check-in, mangio in un vicino scalcinato Mc Donald’s per avere il polso della situazione: squallore, porzioni enormi di bovino, clientela solo nera; intorno casermoni e campetti da basket per i ragazzini delle scuole. Buttandomi in centro la situazione si stravolge, tra le vetrate eleganti di Broadway, le insegne di Times Square e i negozi della Quinta. La mia vera scoperta è la metropolitana di New York, su cui è davvero possibile incontrare chiunque: afro-americani rappettari con le catene al collo, coppie di rispettabili americani di origine europea che leggono ciascuno il proprio libro fianco a fianco, un ebreo osservante con lo zuccotto, mandrie di madri ispaniche con figli al seguito. Altro che melting pot! high line
In attesa di mia sorella decido di dirigermi verso la High Line, un residuato post-industrial molto in tono con il tema di ValcuviaExpress (vedi foto); si tratta infatti di un parco verde ricavato da una sezione abbandonata della ferrovia West Side Line, costruita nei primi anni 30 e abbandonata negli anni 80, percorrendola al tramonto si ha un’affascinante vista dell’Hudson, tra i binari da cui spunta l’erba occhieggiano installazioni artistiche. Al ritorno ne approfitto per fare la mia prima spesa newyorkese e comprare un’enorme e ipercalorica New York Cheesecake, che ci farà compagnia nelle colazioni dei giorni successivi… La Bea arriverà tardissimo, trafelata dopo un viaggio in un taxi collettivo che però le sarebbe costato solo 25 USD (io, arrivata presto, avevo potuto scegliere AirTrain + metro).

Domenica 7 maggio

bethel-gospel-assemblyDomenica mattina andiamo a Messa in una chiesa di Harlem; dopo varie ricerche – vorremmo evitare le funzioni più turistiche, abbiamo letto di chiese in cui ti chiedono 20 USD per partecipare! – scegliamo la Bethel Gospel Assembly, dove ci fanno sedere dietro ma i fedeli ci coinvolgono per tutto il tempo nella sentitissima funzione, molto diversa dalle cerimonie cattoliche: canti corali sul palco (a un certo punto persino io mi commuovo), sermone, Eucarestia, con frammenti di cracker e bicchierini di mosto che passano tra i banchi. Pranzo da Subway e andiamo verso il memorabile attraversamento del Ponte di Brooklyn: freddo, pioggia e vento pazzeschi non ci fermano e dalle Brooklyn Heights – dove costeggiamo la casa di Truman Capote – ci avviciniamo sempre di più a Manhattan, godendoci il profilo della skyline del Financial District. Pare spiovere e quindi decidiamo di andare a scoprire un altro pezzo da novanta della Grande Mela, il mitico Central Park: immenso polmone verde della città, oltre ad essere il paradiso di chi fa sport o va a correre custodisce decine di curiose attrazioni come il Belvedere Castle, la Bethesda Terrace, il Bow Bridge. Noi ci facciamo una passeggiata nella parte centrale, in zona Belvedere, ma ci sarebbe da starci per giorni.

Lunedì 8 maggio

IMG_3951Lunedì è il nostro giorno da turiste europee con la macchina fotografica. Con il NY City Pass (abbiamo scelto quello da 76 euro per 3 attrazioni) saliamo sulla (quasi) cima dell’Empire State Building, da cui su tutti i lati abbiamo una vista incredibile di tutta la città e dove decido i miei grattacieli preferiti, del tutto agli antipodi: l’elegante Chrysler Building, con il suo profilo art-déco, e il modernissimo One World Trade Center, il quinto grattacielo più alto del mondo, costruito vicino a dove sorgevano le Torri Gemelle, tra le anse del fiume Hudson (che non riesco a guardare senza pensare all’aereo di Sully che si butta all’ammaraggio). Ci rilassiamo sui tavolini di Herald Square, passeggiamo sulla Broadway e dopo un salto a Times Square by day andiamo a visitare la spettacolare New York Library, dove le nuvole della Rose Main Reading Room sopra la nostra testa sembrano scoperchiare un cielo infinito. Quanto avrei voluto fermarmi a leggere, guardando ogni tanto il soffitto…
Per pranzo ci affidiamo ad un consiglio della Lonely Planet NY, che si rivelerà una vera e propria chicca: il Burger Joint è un minuscolo localino di hamburger, introvabile da chi non sa già dove andare a cercare… una volta entrati nell’hotel Le Parker Meridien, bisogna cercare dietro le tende della hall un’insegna luminosa a forma di hamburger. Di qui si varca la soglia di quello che sembra un vero e proprio speakeasy: luci basse, poster vintage sulle pareti firmate, hamburger deliziosi.

I musei a NY chiudono presto, perciò saltiamo con la metro verso il Guggenheim Museum, dove giriamo a spirale nell’architettura di Frank Lloyd Wright, ci guardiamo il nostro amico Chagall e i vari Kandinsky, Modigliani, Picasso, senza dimenticare il cesso d’oro di Cattelan, che (ci dicono) invita a dedicarsi ad un rapporto intimo con l’arte… infatti è in un bagno vero ed entra una persona per volta! Ritorniamo in centro e andiamo a vedere l’ormai mitologica Grand Central Terminal – la stazione ferroviaria più grande del mondo, teatro di innumerevoli addii cinematografici – e visitiamo la Saint Paul’s Cathedral. In serata seguiamo un altro azzeccatissimo consiglio gastronomico della Lonely – che, ribadisco, non sarà il massimo con le cartine ma con i locali sgarra raramente – e andiamo a mangiare all’Izakawa Mew, un ristorante giapponese anch’esso introvabile (l’insegna si perde tra i coreani circostanti, e dovremo chiedere più volte prima di trovarlo) dove mangeremo un sushi squisito circondate da moltissimi giapponesi e orientali (e io vivrò il mio primo esperimento – questo fallito – con la birra frozen, ovviamente una diavoleria inventaIMG_4147ta in Giappone). Estenuate, non possiamo esimerci dal fare due passi fino a Times Square, che vediamo per la prima volta di notte in tutta la sua chiassosa magnificenza: gente ovunque, insegne luminose di ogni tipo (sembra di stare a Tokyo), l’Hard Rock Café, passa un carro dei pompieri della FDNY… l’overload sensoriale è assicurato e ce ne torniamo a casa americanizzate.

(… to be continued…)

Un pensiero riguardo “NY Chronicles – fluttuando nel melting pot (parte 1)

  1. Rieccomi! Mi fa molto piacere che tu abbia ricominciato a scrivere qui su WordPress: il tuo talento come blogger (e come commentatrice) non deve andare sprecato.

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