Polonia 2018: tra draghi e leggende, le cicatrici della Storia

 “In Polonia? Che cosa ci vai a fare in Polonia? Ma in Polonia che cosa c’è, ci sono fiumi, laghi…??? Ma vai ad Auschwitz, che tristezza…”

Torna con la primavera l’annuale, ormai direi tradizionale, viaggio in solitaria verso Est (leggi l’anno scorso il Montenegro), sempre più o meno incompreso da terzi (anche se in Polonia già ci era stata mia sorella, e un amico ci ha lavorato 2 anni) e proprio per questo ancor più ricco di sorprese. Complice il 1° maggio, mi sono costruita un tour “classico”: Varsavia, Cracovia, Auschwitz/Birkenau e miniere di sale di Wielicka.

27/28 aprile
IMG_20180428_091418Con un volo very low cost (30 euri) della Ryanair atterro in tarda serata a Varsavia Modlin. La mezzanotte è quasi scoccata ma non ci sono carrozze ad attendermi, perciò vado ad una delle macchinette che vendono i biglietti e per 19 zloty compro chiaramente il biglietto sbagliato. Prima avventura (divertente): invece dell’airbus affollato di turisti italiani e spagnoli mi ritrovo su un autobus con soli locali che porta alla stazione ferroviaria di Modlin, ma non mi agito più di tanto, avendo dalla mia il disponibilissimo autista che pur parlando solo polacco mi fa capire che dovrò prendere un treno al binario 2. Sul treno stesso una signora gentile mi spiega dove scendere, non prima di avermi chiesto se avessi fatto il biglietto… primo assaggio dello spirito del luogo, gentile ma ferreo nel rispetto delle regole.
Il Warsaw Downtown Hostel è vicino al Palazzo della Cultura e della Scienza, così il mio primo incontro con Varsavia è proprio con il “Mostro” (vedi foto qui sopra), come lo chiamano i polacchi, l’odioso regalo fatto da Stalin alla città negli anni Trenta. Lì accanto, un gioiellino che visiterò il giorno dopo: il Fotoplastikon, uno dei pochi rimasti al mondo, che ti permette di vedere foto tridimensionali d’epoca (io ho visto foto di città olandesi).

Il giorno dopo, l’unico del viaggio  dedicato a Varsavia, è un tour de force in unaIMG_20180428_134232 città implacabilmente risorta dalle sue ceneri e resa stupenda dal sole primaverile. Parto dalla Città Nuova, completamente distrutta e ricostruita dopo la seconda guerra mondiale, e incrocio la prima cicatrice storica, il Monumento all’insurrezione di Varsavia, che commemora la tragica rivolta dell’Esercito Nazionale Polacco contro i tedeschi, fallita tragicamente nel ’44. Mi godo poi le sue moltissime chiese: dalla chiesa di san Casimiro in Piazza del Mercato, dove incrocio una scolaresca immersa in una lezione di disegno dal vero, alla Chiesa delle Suore del Santissimo Sacramento, che un bombardamento dei tedeschi il 31 agosto del ’44 rese un cimitero, uccidendo le suore e più di 1.000 civili che si erano rifugiati nella cripta. Un po’ di relax lungo la Vistola e arrivo al Parco delle Fontane, dove polacchi e non si rilassano  sull’erba (ci tornerò in serata per una birra e lo spettacolo delle fontane colorate). Attraverso il Barbacane ed eccomi in Stare Mesto, con il Castello e soprattutto la stupenda Rynek Starego Miasta (Piazza del Mercato della città vecchia), circondata dai caratteristici palazzi in stile rinascimentale e barocco, con al centro la statua della Sirenetta, che si dice sorella della sirenetta di Copenhagen. Da vedere anche la piazza del Castello Reale, al centro della quale si staglia la colonna di re Sigismondo, eretta in onore di Sigismondo III che ebbe un importante ruolo per la città, visto che spostò la capitale da Cracovia a Varsavia nel 1596. Bellissime le cripte della Cattedrale di san Giovanni, dove sono sepoliti i duchi di Masovia, presidenti e artisti, tra cui Sienkiewicz, l’autore di Quo Vadis.

IMG_4412Ultima tappa della giornata il famoso quartiere ebraico di Varsavia (Muranow, così battezzato dal nome dell’isola di Murano a Venezia), che qui raccoglieva la più grande comunità ebraica d’Europa, più di 300.000 persone, il 30% della popolazione della città. Qui i nazisti stabilirono il Ghetto, separato da un muro alto 3 metri, e qui ebbe luogo la famosa rivolta del 1943, che si concluse con la totale distruzione del quartiere e massacro degli abitanti. Oggi resta solo un quartiere di stile sovietico, e lo stupefacente POLIN, il Museo della storia degli ebrei polacchi: un’esposizione enorme che racconta più di mille anni di storia ebraica in Polonia in modo del tutto interattivo (c’è addiritttura la ricostruzione a formato naturale di una via del quartiere con negozi, cinema e bar, questa in foto). E’ sabato, purtroppo devo rinunciare alla visita al cimitero.

29/30 aprile
Treno da Warszawa Centralna, e in 3 ore arrivo a Cracovia, dove per prima cosa approdo all’Hostel B Movie: centralissimo, attaccato al quartiere ebraico Kazimierz, è un po’ diroccato e rumoroso di notte (onestamente io con i tappi dormo benissimo). Mi fiondo sulla Vistola, ammiro il Castello dalla riva e per prima cosa salto su una barchetta e faccio un giretto panoramico di mezz’ora, cullata dall’incomprensibile spiegazione in polacco della barcaiola. Subito dopo prendo ulica Grodzka e inizio a visitare le più centrali della “Città delle cento chiese”, come a ragione è chiamata Cracovia, a partire dall’umile ma deliziosa Chiesa di sant’Andrea, antichissima (risale all’XI secolo), in umile stile romanico, con un fantastico pulpito a forma di barca, la Chiesa di san Pietro e Paolo e quelle di Santa Croce, di san Francesco e della Santa Trinità.

IMG_4452 (2).JPGApprodo infine all’immensa Rynek Główny, la piazza medievale più grande d’Europa. A differenza di Varsavia, Cracovia non è stata toccata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e la piazza conserva il Fondaco dei tessuti, la Torre dell’orologio e la Chiesa di Santa Maria, che custodisce due curiose leggende: una fa risalire ad un litigio mortale tra fratelli la diversa dimensione delle due torri, mentre l’altra racconta l’origine dell’ “hejnal mariacki”, il suono di tromba che risuona due volte al giorno nella piazza, e viene curiosamente interrotto a metà. La leggenda racconta che una sentinella della città, che vegliava sulla torre durante l’attacco dei tartari nel 1240, quando vide approssimarsi l’esercito dei tartari iniziò a suonare l’hejnal per avvertire tutti, ma fu trafitta da una freccia e morì interrompendo l’allarme a metà. Curiosamente, questa pare una leggenda inventata da una guida polacca esportata all’estero, e poi “rientrata” nel Paese dove ha ancora oggi avuto successo. In serata un salto al Luna Park sulla Vistola con la ruota panoramica e una birra all’Harris Jazz Café, uno dei suggestivi locali sottoterra di Cracovia.

La mattina successiva è dedicata alla magnifica Cattedrale e al Castello del Wavel, dove IMG_20180430_114913esploro anche la caverna del drago, teatro di un’altra gustosa leggenda medievale. Prima della fondazione di Cracovia, un drago viveva in una caverna sotto la collina del Wawel terrorizzando la popolazione, fino a quando il re Krak non promise sua figlia in sposa all’uomo che avrebbe ucciso il drago; l’unico a riuscire nell’impresa fu il povero ma astuto calzolaio Skuba, che offrì al mostro una pecora riempita di zolfo, che una volta divorata provocò una sete terribile al drago, che ingoiò troppa acqua per calmarla e finì per farsi scoppiare la pancia. Oggi fuori dalla caverna c’è anche la statua di un drago che ogni 5 minuti sputa fuoco ed è la gioia dei bambini. Pic nic sull’erba con un bigos e poi parto per quello che doveva essere un umbrella tour in italiano di Kazimierz ma che è diventato un tour in inglese della Città Vecchia con il simpatico Dima, che ci racconta la città e ci fa scoprire anche il Collegium Maius dove studiò Copernico e la “finestra del Papa”, dove Wojtyla parlava per tutta la notte con i suoi concittadini quando tornava a Cracovia.
Scopro che proprio in quei giorni a Cracovia si sta tenendo l’Off Camera Film Festival, il festival del cinema indipendente, che prevede anche proiezioni all’aperto: a quel punto diventa una testarda questione di principio scovare il famoso “kino nad wisla”, dove proiettano film sulla Vistola, e che nessuno sembra conoscere. Ci arrivo dopo lungo vagare e chiedere, e ne sarà valsa la pena: sdraiata sull’erba di fronte al fiume, mi godo in inglese “The Hurt Locker” con la gioventù polacca, mentre alla mia sinistra la luna piena sorge sul Castello.

1 maggio
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Volendo capire qualcosa della Polonia, non avrei potuto venire a Cracovia senza visitare Auschwitz-Birkenau (Oświęcim è a 50 km dalla città). Andarci? Non andarci? Credo che non ci possa permettere di consigliare o meno una visita del genere, troppo dipende dalla sensibilità di ciascuno. Io sono una che ha bisogno di vedere e toccare con mano, e ho voluto esserci: esserci per me è significato tentare di comprendere la portata di tutto quell’orrore. Innanzitutto non sapevo che i campi fossero in realtà due, anzi tre (contando il terzo campo di Monowitz, dove passò Eli Wiesel), distanti 3 km l’uno dall’altro; dal punto di vista logistico è fattibilissimo organizzare la visita da soli, arrivando in treno a Oświęcim  e poi spostandosi da un campo all’altro con una navetta, se si è in gruppo c’è il vincolo di noleggiare una guida. Io purtroppo non mi sono mossa in tempo (si parla di almeno un mese prima!) e non c’erano più guide né in italiano né in inglese, perciò ho comprato un tour di una giornata con Getyourguide, con al mattino la visita ai campi e al pomeriggio la visita alle miniere di Wielicka.salone-miniera-sale-cracovia
Auschwitz, con la sua scritta tragicamente ironica Arbeit macht frei e i suoi block di mattoni, mi ha messo in contatto con la contabilità dello sterminio: un’organizzazione e una burocrazia ossessiva, iper-razionalizzata di un assurdo morale, liste infinite di persone ed istruzioni fisicamente impossibili da negare e cancellare. Lo sterminato campo di Birkenau, con un orizzonte sterminato così brullo da perdere di senso, mi ha messo in contatto con l’orrore.
Nel pomeriggio, la bellezza delle miniere di Wielicka è stata una boccata d’ossigeno: una tra le più antiche miniere di sale al mondo, è profonda più di 300 metri ed è costellata di laghi e sculture di sale, che culminano nella incredibile Cappella di Santa Cunegonda, una vera e propria chiesa sotterranea completamente realizzata in sale dai minatori, di cui è la patrona.

2 maggio
5sBy8dFc8VJiUlLc_5ra3oQnqthUgCWvoyCg9NbYD6EpX92IBTocca rientrare in Italia, non prima di aver fatto visita al quartiere ebraico Kazimierz: ad ovest la parte cristiana con le chiese gotiche, ad est lo spirito yiddish con le facciate con le scritte delle botteghe di una volta, il malinconico piccolo cimitero, le sinagoghe. Un tempo vivo ed affollato, con più di 65.000 abitanti, poi dimenticato, poi riscoperto anche grazie le riprese di Schindler’s List (la fabbrica di Schindler è poco lontano), oggi quartiere dallo spirito un po’ “alternativo” ed etnico. Mi piace ricordarlo, e ricordare il tempo ritrovato di questo viaggio, con una massima dipinta sulle pareti della Izaak Synagogue: “Man worries about the loss of his money, but fails to worry about the loss of his days. His money cannot help him, his days will never return”.

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