Del come entrare furtivamente in un sottomarino nucleare sovietico, e altre facezie (to be continued, storia delle mie Notti bianche a San Pietroburgo)
Il pallino blu è lì, sullo schermo, che inizia a muoversi. E va esattamente nella direzione opposta in cui credevo: tra lettere in cirillico e verso l’azzurro dell’insenatura a nord, capovolta sulla mappa della Lonely Planet, di corsa verso il D-2, il sottomarino sovietico “Volontà del popolo”. Sale un controllore a cui sorridendo dò gli ultimi rubli: accetteranno la carta di credito? Con un sorriso cerco anche di capire dove scendere, impietosendo una ragazza. Prima di salire ho sommerso di domande disperate l’intero personale della stazione di un autobus, parlando in un mix di lingue che non comprendeva tecnicamente né l’inglese né il russo quanto una buona dose di mimica. Con un sospiro di sollievo il bus getta l’ancora proprio di fronte ad un veicolo verde, affusolato, curiosamente appoggiato su un piedistallo fuori dall’acqua della baia. Una fila di gente fuori dal museo, io trionfante cerco di entrare e vengo clamorosamente rimbalzata dalla guardia: mi dispiace, ingresso solo con visita guidata collettiva, i singoli non possono entrare. Peccato d’omissione della Lonely. Cerco di giocare la carta della pietà, ma né la guardia né la direttrice del museo, statali di ferro, si smuovono di un centimetro. Attacco bottone con l’intera fila nel suo complesso, che si rivela essere un gruppo di francesi la cui guida mi ascolta complice: entra e fai finta di niente… Ed è così che con una captatio benevolentiae mi ritrovo all’interno del Narodovolets D-2, il sottomarino nucleare Volontà del popolo, dalla sala macchine all’alloggio dei siluri, passando per le cuccette dei marinai e la stanza del comandante, come guida un arzillo vecchietto che parla in russo tradotto in francese dalla guida (non capisco nulla in entrambi i casi ma mi godo tutte le macchine). Mi eclisso tra mille ringraziamenti a francesi agée ammiccanti, all’esterno incrocio il vecchietto russo che pare indignato dalla mia fuga solitaria, ma che blandisco subito con un bel “Spasiba” cui risponde con la mano sul cuore.
Ma la vera sorpresa è sulla baia: gente a piccoli branchi, birrette in mano, musica da stereo portatili. Sembra un rave, un vero e proprio rave ai piedi di un sottomarino post-sovietico… l’esaltazione concettuale è incredibile. Finché il filo di fumo di un barbecue in lontananza mi suggerisce che la realtà è molto più “normale” (o ancora più assurda, dato il contesto): ci sono anche famiglie, bambini in pic-nic la domenica, fuori dalle viscere del temibile torpediniere arenato sull’isola Vasil’evskij.
Ennesimo post – capolavoro.