Giorni 9 e 10 – Great Ocean Road, onde Rock e graffiti

davPrendi due messicane, un’italiana, quattro cinesi, aussie vari, un po’ di India e di Bangladesh e mixali con una guida di Osaka neo-immigrata nel Continente. Sembra una barzelletta invece è il tipico tour per la Great Ocean Road, la strada più famosa del sud-est dell’Australia, 243 km costruiti in onore dei soldati morti durante la prima guerra mondiale dai soldati rientrati dal fronte che si dovevano in qualche modo reinserire nel mondo civile.

Si parte da Melbourne ma la GOR vera e propria inizia in realtà a Torquay, ed è una spettacolare via panoramica che costeggia l’oceano, con un panorama sconfinato e onde potenti a infrangersi contro le scogliere che in certi momenti ricordano l’Irlanda. È in Australia che ho visto le onde più incredibili mai viste: alte, maestose, con una violenza di fronte a cui ci si sente inermi e minuscoli. Le tappe classiche della Road sono Lorne, un anonimo villaggio che si allunga sulla strada, Apollo Bay e i mitici Twelve Apostles, faraglioni di pietra calcarea in realtà oggi rimasti in otto, anche se la mia tappa preferita è forse Loch Ard Gorge e la sua spiaggia segreta, nascosta tra gli scogli contro cui si infranse la nave Loch Ard cui deve il nome: dei 54 passeggeri ne sopravvissero solo due. Il tour, che mi aveva consigliato mia sorella, è il più cheap sul mercato ed è pieno di backpackers, non include il pranzo… il che è una buona scusa per fermarsi in una ramen house dove non posso che gongolare quando un malese si complimenta per il mio uso dei chopstick. A fine giornata c’è una riffa in cui vinco clamorosamente un altro tour gratis, che non potrò mai fare visto che parto il giorno dopo e decido di regalare alle ragazzine messicane in Aussie per studiare (scopro che una è nipote di giapponesi fuggiti in Messico durante la seconda guerra mondiale).

davLa domenica, mappa alla mano, mi faccio il giro della Street art di Melbourne – famosa in tutto il mondo: chiunque può esprimersi su certi muri – mi mangio una bento box in un jappo (sono tutti buonissimi e cheap) fino ad arrivare all’ultima via dipinta, AC/DC Lane, via dedicata al gruppo rock nel 2004, dove scopro per caso un concerto rock spettacolare al Cherry Bar. La platea è assurda: se venerdì erano tutti ragazzini, qui c’è un grumo di rockettari e metallari agée agguerritissimi, capello bianco, metallo e giacca di pelle nera, in tenuta da serata brava anche se è domenica pomeriggio e fuori c’è un sole fiacco. Chiudo in bellezza andando all’NGV, il museo dedicato interamente all’arte australiana e dove ritirando il bagaglio alla cloak room una radical Aussie si esalta quando scopre che sono di Milano, città in cui torna spesso, bellissima e così elegante (fortunatamente non mi ha squadrato attentamente nel dirlo). Ritiro le mie valigie e vado verso la stazione dei bus: alle 20.15 altro bus notturno, stavolta verso Adelaide…

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