Giorni 12 e 13 – Kangaroo Island

davNon ci sono parole per descrivere Kangaroo Island. Paradiso, Eden, ma forse la parola più adatta è proprio Santuario (sanctuary è il nome di diversi parchi naturali): un luogo che la Natura ha reso sacro, in cui sentirsi un po’ parte di un tutto, un po’ piccolissimi e impotenti di fronte alla potenza e alla grandezza di oceano, sassi, foresta.

Evitare i tour organizzati e noleggiare una macchina è stata tra le idee migliori del viaggio: tra un commento sui canguri per strada di notte in Australia e sui cinghiali sui tornanti in Europa, carpisco con noncuranza info al tipo di Hertz su come guidare sulla sinistra una bella macchinona col cambio automatico (mai fatto da sola) e parto alla scoperta dell’isola, lunga 155 km, con la mia mappa di carta e un po’ di confusione in testa (per due giorni sarò senza internet e non mi mancherà per niente).

IMG_6861Il primo giorno mi butto sulla costa meridionale. Mi fermo per una foto sulla Pennington Bay, la prima vera tappa dopo una novantina di km è Seal Bay, dove scendo sulla spiaggia a osservare i leoni marini con un tour guidato dai ranger: una colonia di circa 500 esemplari, che vive tra oceano e terra, si rosola al sole prima di tornare a pescare. Vivonne Bay, la mia seconda fermata, è una lingua di sabbia bianchissima in cui si insinua il fiume Harriet, dove fare birdwatching e creare orme sul nulla. Verso le 16 arrivo all’Hanson Bay Sanctuary Park, appena prima di un acquazzone riesco a seguire Koala e Wallaby Walks, avvistando Canguri al pascolo e koala appollaiati sugli alberi (di uno ho il fantastico primissimo piano qui sotto). IMG_7009-2La pioggia è battente e il tramonto è in vista: non resta che andare verso casa. La mia casa per una notte sarà una bellissima cabina di legno alla Flinders Chase National Farm, una specie di capanna di legno nel bosco accanto a una distesa immensa di pascoli e pecore, dove non si può – e si vuole – fare altro che ascoltare la pioggia battere sul tetto, leggere e aspettare l’alba.

La mattina mi sveglio molto presto e vado verso il Parco. Su uno dei sentieri per la prima volta mi perdo (inevitabile dato il mio arcinoto senso dell’orientamento), ma proprio qui ho i miei primi veri incontri ravvicinati con gli amici del bosco: mentre sto fotografando delle gradasse oche di Gerson, avverto una presenza alle mie spalle. Mi giro e ci sono almeno 4 wallabies – di cui una mamma col bimbo nel marsupio – che mi fissano un po’ stupiti: ma come, sei sull’isola dei Canguri e stai una ventina di minuti a fare foto con la Reflex a un gruppo di oche schiamazzanti?

IMG_7194Dopo l’avventura nella foresta mi dirigo verso lidi più turistici: prima le Remarkable Rocks, rocce granitiche cui acqua e vento hanno dato forme surreali, poi il solitario Faro di Cape di Couedic – costruito nel 1909 perché vite solitarie vegliassero sulle vite disperse sull’oceano – e il Memorable Arch. Mi avventuro sulla costa settentrionale e solo grazie all’aiuto di una bionda di Adelaide riesco a trovare la spiaggia di Stoke Bay: per arrivarci bisogna passare attraverso un tunnel segreto di roccia strettissimo. Anche lei è da sola, ci scambiamo con piacere le nostre impressioni prima di salutarci per sempre.

Nel frattempo si è fatto troppo tardi per provare qualche sterrato (che peraltro non potrei fare non essendo coperta da assicurazione… Ma su questo il tipo di Hertz ha glissato sportivamente e qualcosina ho fatto), l’Oyster shop e le vineria stanno chiudendo, perciò inizio a tornare verso Penneshaw (l’ultimo ferry è alle 19.30). Mi fermo per caso in un punto di birdwatching sull’American River e scopro una colonia di pellicani sulla spiaggia: vicinissimi, corpulenti, immobili con il poderoso becco aperto forse ad afferrare un po’ di pioggia, mettono soggezione come dei signorotti anziani ma imprevedibili.

Prima di riconsegnare la macchina e andare verso il ferry mi fermo al piccolo monumento dedicato a Mary Beckwith su Baudin Beach: tra gli esiliati della colonia, fu la burrascosa amante del capitano Baudin e la prima donna europea a mettere piede su Kangaroo Island. Mi congedo dall’isola salutando i suoi morti, al cimitero accanto all’imbarco di Penneshaw, dove ormai sono in pochi ad avere come luogo di nascita le province britanniche d’oltreoceano…

3 pensieri riguardo “Giorni 12 e 13 – Kangaroo Island

    1. Grazie Manuel, è stato davvero unico: la solitudine nella natura mi ha regalato emozioni incredibili (anche il perdermi in una foresta senza gps a un certo punto devo dire, ahah…)

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