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Tolosa e Lione, décembre à travers les Alpes

Sarà perché sono (quasi) donna di lago, ma le città sull’acqua mi hanno sempre incantato. Un fascino che quest’anno per ben due week-end di fila ha parlato francese: prima Tolosa poi Lione, rispettivamente la quarta e la terza città di Francia dopo Parigi e Marsiglia, che del podio a questo punto è l’ultima a mancarmi. Se a Tolosa da Milano si vola con Easyjet, Lione la si può raggiungere anche con Flixbus o con 5 ore di macchina attraverso il traforo del Fréjus.

Tolosa è il mio gioiellino preferito nel cuore dell’Occitania: a meno di 200 km dai Pirenei e da Andorra, è ancora Francia ma con già un tocco spagnolo, a partire dagli accenti dell’occitano, oggi poco parlato ma che si ritrova sui nomi delle vie e nei mezzi pubblici. Deve il suo soprannome Le Ville Rose al bellissimo centro storico, tutto in mattoni rosati e con un patrimonio artistico di riguardo: dalla basilica di Saint Sernin, con la sua torre ottagonale, alla bizzarra Saint Etienne, una cattedrale incompiuta, mix di gotico e romanico che lascia di stucco chi entra per la sua asimmetria, frutto di costruzioni successive l’una sull’altra; bellissima anche la Chiesa dei Giacobini, Place du Capitol (che in dicembre è occupata dai mercatini natalizi, dove abbiamo assaggiato golosità come l’aligot e la tartiflette, vedi foto sotto) e i monumentali palazzi rinascimentali.

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Il pezzo forte resta sempre la Garonna: tra un ponte e l’altro (Pont Neuf è paradossalmente il più antico), bellissima la passeggiata sul lungofiume, con la sua teoria di luci notturne che in estate diventa luogo di ritrovo con locali, feste sull’acqua, spiagge artificiali. E’ patrimonio dell’Unesco il Canal du Midi, “il canale dei due mari”, un canale artificiale che collega per più di 200 km la Garonna al Mediterraneo, mentre a sud-est c’è la Cité de l’espace, un parco scientifico dedicato alla conquista dello spazio, un tema fortissimo nella sede di Airbus (vera e propria città nella città). Tolosa è una città vivacissima: universitaria, multiculturale – a tratti si sente parlare più spagnolo che francese – ha un panorama di locali minuscoli dove ogni sera si ascolta musica dal vivo, dopo aver cenato con un’abbondante cassoulet.

Lione ci ha accolto per la Fete de Lumière, il più grande spettacolo di luci al mondo che ogni anno richiama milioni di persone: la tradizione narra che la festa nacque come ringraziamento dei lionesi verso la Madonna, che li salvò dalla peste nel ‘600 e a cui promisero che tutti gli anni avrebbero acceso dei lumini. Lione è una città dalla storia antica e complessa, il cui nome deriva dal latino “Lugdunum”, fortezza del dio Lug (divinità dei Galli): sulla cima della collina di Fourvière, infatti, oltre alla magnifica basilica di Notre-Dame, la cui vista domina l’intera città, ci sono il teatro e l’anfiteatro gallo-romano, che testimoniano l’insediamento in età romana, strategico data la confluenza tra il Rodano e la Saona.

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Il centro storico rinascimentale, la Vieux Lyon, è un dedalo di stradine strette acciottolate e traboules, affascinanti passaggi coperti “segreti” tra le strade che furono usati anche durante la Resistenza; monumentali le piazze e le vie, place de Bellecour, Place des Terreaux, Re de la Republique, che nel week-end dell’Immacolata si trasformano in un immenso fondale a cielo aperto, con installazioni e giochi di luci che emozionano e fanno rivivere monumenti centenari. La mia installazione preferita del 2019 (alla Fete ero già andata tre anni fa) sicuramente quella in Place Bellecour, trasformata in un enorme fondale oceanico con una lussureggiante vegetazione di neon, su cui fluttuavano delle enormi balene colorate volanti (vedi il video).
Gustosissime – anche se non particolarmente “light” le specialità gastronomiche: la salade Lyonnaise, un’insalata con cipolle, fegato e crostini, l’andouillette (salsiccia di maiale), il sanguinaccio, i formaggi e la tarte aux pralines, tutti da gustare nei tipici bouchon del centro…

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