Giorni 16, 17 e 18 – Walking on Mars. Il cuore rosso dell’Australia esoterica.

mde“Palya!” “Palya!” “Ragazzi, vi presento mio zio…” Il dialogo è surreale: che cosa può avere in comune Connor, ragazzone australiano bianco, biondo e con gli occhi azzurri, con l’aborigeno scurissimo che saluta con un abbraccio, di fronte a una pompa della benzina in mezzo al nulla dell’Outback? Eppure è davvero suo zio, alla lontana – visto che la madre è scozzese ed il padre ha solo indirette ascendenze australiane – ma con una sfumatura aborigena che impareremo a riconoscere durante i 3 giorni di tour nel deserto, alla scoperta di Kings Canyon, Kata Tjuta e Uluru.

Kata Tjuta e Uluru sono i luoghi più sacri per la spiritualità degli aborigeni, una sorta di Gerusalemme rossa in mezzo al bush. Originatisi 500 milioni di anni fa, fanno parte di un unico, enorme massiccio di arenaria di cui è visibile solo una minima parte: Uluru (o Ayers Rock, come ribattezzato dagli esploratori occidentali) è alta 350 metri, la cupola più alta di Kata Tjuta (o Monti Olgas) 200 metri in più. Ma è solo la punta dell’iceberg: almeno 7 altri incredibili km di roccia giacciono sotto la superficie del suolo, e insieme al monte Conner formano un’unica immenso agglomerato di roccia, che secondo alcuni scienziati è quello che resta di una luna terrestre precipitata 3 miliardi e mezzo di anni fa. Circa 500 milioni di anni fa, un oceano avrebbe sommerso tutta l’area, depositando sedimenti su sedimenti, finché le rocce, finalmente esposte, si sarebbero lentamente e inesorabilmente erose agli agenti atmosferici.

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Vista da lontano, Uluru appare come un’immensa monolito levigato. In realtà è una roccia piena di fessure, caverne, sorgenti, misteriosi anfratti, per ciascuno dei quali gli anangu, gli aborigeni del luogo, hanno una leggenda che tramandano oralmente di padre in figlio; alcuni luoghi, particolarmente sacri, non sono fotografabili: imprimere su una foto il dettaglio di una grotta o di un’asperità raccontata da una leggenda significherebbe cancellare per sempre quella storia. È la legge di Tjukurpa, il Dreaming: uomini e donne – in separata sede e senza mai voler sapere gli uni i segreti degli altri – tramandano ai giovani e alle giovani men’s business e women’s business, i segreti della terra, delle piante e degli animali con cui sopravvivere in un ambiente duro e ostile, dove le temperature possono salire oltre i 40 gradi di giorno e scendere sottozero di notte. Anziani aborigeni sono in grado di identificare i membri del loro clan semplicemente osservandone le impronte sulla sabbia.

Alcuni dei segreti di Tjukurpa vengono raccontati ancIMG_7901he ai bianchi, le leggende più elementari che si raccontano ai bambini. Molte di queste storie oltre a creare una “mappa” orale dei luoghi sacri in cui sono fiorite nascondono un intento morale: la leggenda di Kuniya, la donna pitone, che si vendicò del serpente velenoso Liru, ricorda l’importanza di ascoltare l’intuito delle donne e di prendersi cura degli altri membri della tribù; la leggenda delle Sette Sorelle narra dei tabù sulle unioni di tribù diverse, oltre ad essere un affascinante racconto sulla nascita delle Pleiadi.

Oggi gli aborigeni gestiscono il parco insieme ai bianchi dal 1985, data del memorabile “Handback”, che ironicamente restituì la proprietà della terra al popolo che l’aveva abitata da almeno 20.000 anni. Unico vincolo la cogestione con “National Park and Wildlife” per 99 anni, lasciando la possibilità ai turisti di scalare la roccia, atto sacrilego ma che ogni anno richiama orde di turisti – soprattutto giapponesi.

digUluru, Kata Tjuta, ma anche il Kings Canyon con la sua suggestiva Valley of the Winds, e il segreto del Garden of Eden: l’escursione di 3 giorni è stata un’occasione unica anche per il bushcamping, dormendo 2 notti sotto le stelle dell’emisfero australe in una swag (una sorta di sacco a pelo/tenda individuale) con persone che venivano dagli USA, dall’Europa, dalla Corea e da Taiwan. Tutti intorno al fuoco, un po’ come gli antichi aborigeni, per cui un esploratore ebbe un giorno a dire, affascinato: “The natives were about burning… Burning ever burning: one would think were the fabled salamander race and lived on fire instead of water”.

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