A volte ritornano. Il Demonio fa un salto tra Mosca e il Polesine

it_maestro-margherita-850-4_original.jpg“Ma dovrai rassegnarti a questo”, replicò Woland e un sorriso increspò la sua bocca, “sei appena apparso sul tetto e già hai fatto una sciocchezza e ti dirò quale: è il tuo tono. Hai pronunciato le parole come se non riconoscessi le tenebre e il male. Sii tanto cortese da riflettere su questa domanda: che cosa sarebbe il tuo bene se non ci fosse il male, e come apparirebbe la terra se non ci fossero le ombre? Le ombre nascono dagli oggetti e dalle persone. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai per caso sbucciare tutto il globo terrestre buttando via tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo per godere della tua fantasia della nuda luce? Sei uno sciocco.”
(Il maestro e Margherita)

Ed è così che un week-end di pioggia compulsiva non poteva che tradursi in letture compulsive e a volte affascinanti incontri déjà-vu un po’ dark….
Venerdì sera un grande classico, “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov, uno dei miei libri del cuore, che tra l’altro anni fa ispirò a me e Kansch un delirante quanto originale (ok, sono di parte) cortometraggio, di cui ho parlato in questo post. La storia ormai è nota: il Diavolo piomba nella Mosca degli anni ’30 nelle vesti di Woland, esperto di magia nera, accompagnato da una cricca di stravaganti seguaci, mentre in un ospedale psichiatrico si dispera il Maestro, scrittore perseguitato dal regime sovietico e febbrilmente innamorato della sua Margherita. La vicenda si intreccia con quella di Ponzio Pilato e del suo conflitto nel lasciar condannare a morte un certo Jeshua Ha-Nozri, filosofo errabondo. Al Piccolo è andata in scena la rilettura dark di Andrea Baracco, una vera e propria bomba a partire dagli attori (grandissimo Michele Riondino, un Woland perfido e beffardo che non a caso è stato da molti accostato a Joker), la sceneggiatura e le musiche ipnotiche. Inquietantissimi Korovev, Behemoth e Azazello. Tutti claustrofobicamente rinchiusi tra quattro mura nere di lavagne, dove spicca la citazione di Goethe “Liberati dal Maligno, gli uomini sono rimasti maligni”, fino ad un tragico epilogo che si allontana dal libro: il Maestro e Margherita saranno sì ricongiunti, ma nella morte, cullata da Sympathy for the devil dei Rolling Stones.


locandina-la-casa-dalle-finestre-che-ridonoSabato me ne torno in valle e in serata vado ad un evento gratuito del Premio Chiara, al Cinema Sociale di Luino: protagonista il cult “La casa dalle finestre che ridono” di Pupi Avati, uno spettacolare horror anni ’70 che ho rivisto per la terza volta come se fosse la prima. Stefano è un restauratore che viene incaricato di restaurare un inquietante affresco in una chiesa di campagna di un paese della provincia ferrarese… e che subito si rende conto che l’incarico non è innocuo come sembra: telefonate anonime lo minacciano di andarsene, mentre un indizio dopo l’altro lo conducono a pericolose indagini sul misterioso pittore del quadro, ormai morto da anni, ma le cui macabre tendenze artistiche sembrano aver prodotto degli effetti che ancora oggi si aggirano tra i casolari.
Sarà l’ambientazione nelle campagne ferraresi, che mi ricorda un po’ il mio varesotto, saranno i segreti inconfessabili che traspaiono dagli sguardi della gente di paese e da ogni persiana socchiusa, o la personalità enigmatica del pittore scomparso… ma La casa resta nella mia top list 🙂 per non parlare dell’incredibile colpo di scena finale, che sembra derivi da un episodio di cronaca che aveva ispirato Pupi (se volete vedere il film non leggete tutta la pagina di Wikipedia!).
Qui trovate un’interessante recensione di Plutonia Publications.

4 pensieri riguardo “A volte ritornano. Il Demonio fa un salto tra Mosca e il Polesine

    1. Bellissimo sì davvero… Sigh hai ragione Max, se ricordo a quanto leggevo tanti anni fa e a quanto riesco a leggere oggi per mancanza di tempo mi rendo davvero conto di perdermi un sacco di cose (e non parlo solo della lettura!)

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